Il trattamento fiscale dei fabbricati concessi in uso ai dipendenti

 Roma, 2 Gennaio 2024

 

Circolare informativa 1/2024

(a cura di Beatrice Pallante)

 

Il trattamento fiscale dei fabbricati concessi in uso ai dipendenti

Nella prassi aziendale accade di frequente che il dipendente sia chiamato a svolgere le proprie mansioni fuori dalla sede di lavoro abituale e che, per far fronte a questa esigenza, l’impresa decida di concedere ad esso l’utilizzo di un immobile che è nella sua disponibilità (a titolo di proprietà o di locazione), al fine di agevolarne lo spostamento.

Il riconoscimento di un alloggio ad un dipendente può avvenire per diverse ragioni, le quali comportano l’applicazione di un differente trattamento fiscale, sia in capo all’impresa, sul fronte della deducibilità delle spese sostenute, sia in capo al lavoratore, in termini di imponibilità (fiscale e contributiva) della concessione (a seconda del fatto che essa si qualifichi o meno come fringe benefit).

In particolare, il legislatore ha previsto le seguenti fattispecie di assegnazione:

  1. concessione ai dipendenti in trasferta temporanea (c.d. foresterie);
  2. concessione in uso ai dipendenti;
  3. concessione in uso ai dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza per esigenze di lavoro (c.d. fabbricati strumentali pro tempore).

 

Fabbricati concessi ai dipendenti in trasferta temporanea (foresterie)

L’art. 95, comma 2 del TUIR stabilisce che non sono deducibili i canoni di locazione, anche finanziaria, e le spese relative al funzionamento di strutture ricettive, ad eccezione di quelle relative ai servizi di alloggio destinati a dipendenti in trasferta temporanea.

La norma si riferisce alle cosiddette foresterie, ovvero immobili con destinazione abitativa concessi in uso a dipendenti o collaboratori per un determinato periodo di tempo a fronte di specifiche esigenze del datore di lavoro.

“Per fare un esempio, basti pensare al caso di una società di costruzioni che risulti aggiudicataria di un appalto per la costruzione di un fabbricato in un luogo diverso e distante da quello in cui essa normalmente opera. Ciò comporterà la necessità che i lavoratori permangano nel luogo designato nel contratto di appalto per tutta la sua durata. A tal fine la società potrà prendere in locazione una o più unità immobiliari poste nelle vicinanze del cantiere, da destinare ad alloggio temporaneo dei lavoratori.”

Affinché il costo sostenuto dall’impresa sia deducibile è quindi necessario che l’alloggio sia messo a disposizione di lavoratori che trasferiscono temporaneamente la loro sede lavorativa.

Nello specifico, se l’immobile utilizzato ad uso foresteria è preso in locazione i canoni e le altre spese inerenti al fabbricato saranno deducibili dal reddito d’impresa.

“Il contratto di locazione ad uso foresteria è un contratto atipico che non rientra nello schema negoziale disciplinato dalla Legge n. 431/1998 e che, pertanto, segue le norme del Codice Civile in materia di locazione. Esso è stipulato tra due soggetti, il proprietario dell’immobile e l’impresa, ma nella sostanza ne coinvolge tre, considerato che il locatario (l’impresa) non coincide con il soggetto che fruisce materialmente della locazione (i dipendenti).”

Diversamente, se l’immobile è di proprietà dell’impresa, essa non potrà dedurre le relative quote di ammortamento, trattandosi di immobile patrimonio e quindi non strumentale.

Relativamente al contratto di locazione ad uso foresteria, è da tempo aperto un dibattito tra giurisprudenza e prassi dell’Amministrazione finanziaria in merito all’applicabilità della cedolare secca (la “tassa piatta” prevista per i contratti di locazione ad uso abitativo stipulati da proprietari persone fisiche, in alternativa al regime ordinario Irpef).

In particolare, il dibattito nasce dall’interpretazione di una norma, l’articolo 3, comma 6 del D.Lgs. n. 23/2011, secondo la quale la cedolare secca non si applica alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di un’attività d’impresa, arte o professione.

Da ciò, sostanzialmente, sono scaturite due tesi:

  • una più restrittiva, adottata dall’Agenzia delle Entrate, secondo cui l’applicazione della cedolare secca sarebbe preclusa (non solo nel caso in cui il locatore agisca nell’esercizio dell’impresa, ma anche) nel caso in cui sia il conduttore ad agire come imprenditore, indipendentemente dal fatto che l’immobile sia utilizzato per finalità abitative;
  • una più aperta, condivisa dalla giurisprudenza di merito, secondo cui la cedolare secca sarebbe applicabile alle locazioni in cui il conduttore agisca nell’esercizio dell’impresa quando l’immobile è destinato a uso abitativo di dipendenti; ciò in quanto il requisito di “persona fisica” riguarderebbe solo il locatore.

“Tra le altre, C.T.P. Reggio Emilia n. 470/3/14, C.T.P. Milano n. 3529/25/15, C.T.R. Milano n. 754/19/17, C.T.P. Bari n. 825/1/19, C.T.P. Firenze n. 20/2/22, C.T.G. II Veneto n. 53/2/23.”

Peraltro, negli ultimi anni, è emerso un orientamento restrittivo anche tra le sentenze di merito, che escluderebbe l’applicazione della cedolare secca nei casi in cui il conduttore sia un’impresa. Il più recente indirizzo pone l’attenzione non tanto sulla natura del conduttore (imprenditore), quanto piuttosto sulla natura della locazione ad uso foresteria (non abitativa). Secondo tali pronunce, infatti, il contratto ad uso foresteria non è una locazione abitativa in quanto non è diretta a soddisfare un’esigenza abitativa del conduttore, bensì la diversa esigenza, che ne costituisce la causa, di destinare l’immobile locato a temporaneo alloggio di propri dipendenti o ospiti.

“In particolare: C.T.R. Toscana n. 590/6/22, C.T.R. Veneto n. 562/7/22, C.T.R. Lazio n. 3389/3/21, C.T.G. II Lazio n. 1223/14/23.”

Sarebbero opportuno ricevere chiarimenti in merito da parte degli organi competenti; allo stato attuale appare prudente conformarsi alla tesi più restrittiva.

Fabbricati concessi in uso ai dipendenti

Nell’ipotesi di un immobile concesso in uso ad un dipendente l’art. 95, comma 2 del TUIR stabilisce che i canoni di locazione, anche finanziaria, e le spese di manutenzione sono deducibili per un importo non superiore a quello che costituisce reddito per il dipendente ai sensi dell’art. 51, comma 4, lett. c), TUIR.

In altri termini, fuori dal caso della foresteria, la concessione in uso di un immobile ad un dipendente configura un fringe benefit con la conseguenza che le spese inerenti all’alloggio sono deducibili dal reddito d’impresa solo nei limiti in cui il benefit è imponibile in capo al lavoratore.

In particolare, il valore del fringe benefit è quantificato nel seguente modo: si assume la differenza tra la rendita catastale del fabbricato, aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato (a carico dell’impresa), e quanto eventualmente corrisposto dal lavoratore per il godimento dello stesso. Nel caso in cui il lavoratore abbia l’obbligo di dimora (è il caso del custode o del portiere) si assume il 30% della predetta differenza.

“in mancanza di questa si considera il valore dell’alloggio ad equo canone o quello corrente in regime di libero mercato.”

Non assumendo rilevanza, ai fini della quantificazione del fringe benefit, l’importo del canone di locazione pagato dall’impresa, quest’ultima, di fatto, potrà dedurre solo una quota marginale del costo complessivamente sostenuto per l’immobile.

Per fare un esempio, si consideri un’impresa che affitta un appartamento per un proprio collaboratore ad un canone annuo di 10.000 euro e sostiene spese inerenti al fabbricato per 1.200 euro. La rendita catastale dell’unità immobiliare è di 2.000 euro. È prevista una quota annua a carico del lavoratore pari a 1.500 euro.

Supponendo che il lavoratore non abbia l’obbligo di dimora, il fringe benefit sarà pari a 1.700 euro, come illustrato nel seguente prospetto:

a) Canone di locazione annuo    10.000
b) Rendita catastale immobile      2.000
c) Spese inerenti al fabbricato a carico impresa      1.200
d) Quota annua a carico del lavoratore      1.500
b) + c) – d) Fringe Benefit

= costo deducibile per l’impresa

= valore imponibile per il lavoratore

1.700

 

Fabbricati concessi in uso ai dipendenti che abbiano trasferito la residenza per esigenze di lavoro (fabbricati strumentali pro-tempore)

L’ultimo caso riguarda i fabbricati concessi in uso a dipendenti che abbiano trasferito la propria residenza anagrafica per esigenze di lavoro nel comune in cui prestano l’attività.

L’articolo 95, comma 2 del TUIR in tal caso prevede un trattamento fiscale privilegiato, svincolato dalla disciplina dei fringe benefit, in base al quale i canoni di locazione e le altre spese connesse al fabbricato sono totalmente deducibili dal reddito d’impresa limitatamente all’anno d’imposta del trasferimento e ai due anni d’imposta successivi.

Peraltro, l’agevolazione spetta non solo per gli immobili locati ma anche per quelli di proprietà, con la conseguenza che l’impresa potrà dedurre anche le relative quote di ammortamento (diversamente dall’ipotesi dell’uso foresteria).

Ciò in quanto, per tale triennio, l’immobile concesso in uso ai dipendenti acquisisce la qualifica di fabbricato strumentale pro-tempore, pertanto tutti i costi diventano deducibili secondo le regole ordinarie.

Se al termine del triennio l’immobile è ancora concesso allo stesso dipendente, oppure se il dipendente lascia l’immobile prima del decorso dei tre anni senza che questo sia nuovamente affittato, il fabbricato perde la natura di bene strumentale e si rende applicabile la disciplina di parziale deducibilità legata ai fringe benefit.

La ratio della norma è quella di incentivare la mobilità dei dipendenti fornendo ai datori di lavoro uno strumento competitivo per attrarre lavoratori, sia italiani che stranieri. In particolare, la norma si rivolge ai neoassunti ma anche ai lavoratori che, in costanza di rapporto, si trovino a dover trasferire la propria residenza in un comune diverso per esigenze lavorative.

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Non esitate a contattarci per qualsiasi approfondimento.

 

Cordiali saluti,

Beatrice Pallante

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